Aiutateci a Salvare i Bambini ODV

chi salva un bambino salva il mondo intero

UNA NUOVA STRAORDINARIA STORIA …

Nei giorni scorsi il nostro Presidente ha visitato Mosca. Fra le molte visite istituzionali non poteva mancare l’incontro con la Cittadella degli Orfani disabili “Neznajki” ed i sempre amati amici del Gruppo di volontariato Padre Aleksandr Men’

Qui ci è stata raccontata una nuova storia, una storia che ancora una volta afferma l’immensa umanità della gente di Russia. Una storia che riafferma il ruolo assolutamente insostituibile dell’esperienza del Gruppo Padre Men’   

Il ragazzo che vedete nella fotografia è Dmitrij, un orfano che è stato accolto molti anni fa nella Cittadella “Neznajki” e dove è cresciuto.

Nato con una lieve forma di paralisi celebrale infantile è stato, come in moltissimi altri casi, per questo abbandonato dalla madre. Poche settimane fa la madre, ancora molto giovane, muore. Arriva una lettera da un Notaio di una città industriale medio grande russa e si scopre che la madre defunta era l’amministratore delegato di una grande azienda di carni.

Nel testamento la donna ha lasciato tutto al figlio (unico). Milioni di rubli. Tanti, tantissimi dicono al Gruppo Padre Men’.

Dmitrij, informato del diritto alla successione, non ci pensa nemmeno due minuti.

La grandissima eredità l’ha devoluta tutta al Gruppo Padre Men’ perché vuole continuare a vivere in quella Cittadella aiutando gli altri orfani più giovani che ora vivono lì e quelli che arriveranno nel futuro.

Una nuova pagina di solidarietà umana straordinaria che ancora una volta arriva da Mosca

Ma il viaggio ha riservato altre sorprese.

Il Presidente ha incontrato ed è stato intervistato da Antonio (nome di fantasia) e Alena. Il primo un erudito italiano con un grande cuore trasferitosi a Mosca, l’altra una ragazza straordinaria che da anni segue da lontano la nostra Associazione e voleva incontrare il Presidente. L’intervista uscirà fra un po’, ma intanto Antonio ci ha mandato questo sua impressione dell’incontro.

A noi è piaciuto veramente molto e vogliamo socializzarlo con tutti Voi

Un immenso Grazie di cuore ad Antonio, Alena e a chi continua a sostenerci affermando l’immensa, vitale importanza per la Pace dell’amicizia fra i popoli italiano e russo soprattutto in questo cupo periodo dove il male ha (momentaneamente) preso piede.   

 

UN INCONTRO DI SPERANZA SOTTO IL CIELO DI MOSCA

Erano quasi le undici di una mattina dal sole tiepido, dopo giorni di pioggia e nebbia. Mosca, lavata dal maltempo, aveva un respiro più quieto. L’asfalto umido rifletteva i palazzi e nell’aria c’era un odore di ferro e di tè.

Davanti a un piccolo albergo del centro, con l’insegna sbiadita e il portone color rame, lui era già lì. Ennio Bordato, presidente dell’Associazione “Aiutateci a Salvare i Bambini ODV”, ci aspettava con la calma di chi non ha smesso di avere tempo per gli altri. In mano teneva un mazzo di fiori. Appena ci ha visti, ha sorriso e con un gesto d’altri tempi li ha offerti ad Alena, che avrebbe condotto l’intervista. Un atto semplice, eppure eloquente.

Siamo entrati insieme. Il corridoio era stretto, le pareti erano di un colore senape rosato e il pavimento scricchiolava piano. L’odore del tè nero arrivava dalla sala accanto, dove ci ha guidati con passo misurato. Una stanza piccola, pochi tavoli, libri impolverati alle pareti, fotografie sbiadite, il borbottio di un samovar nell’angolo. Alcuni ospiti facevano colazione in silenzio. Il tintinnio dei cucchiaini sembrava un contrappunto discreto.

Ci siamo seduti. Davanti a noi, una tazza fumante tra le sue mani. Bordato parlava senza enfasi, con un’autorevolezza naturale che nasce dall’esperienza. Le parole avevano un peso preciso, come limate dal tempo e dal dolore. Raccontava di bambini incontrati in Russia e in altri luoghi feriti, dove la guerra lascia macerie più umane che materiali. Nessuna retorica. Nessun compiacimento. Solo fatti, sguardi, gesti.

Tra una pausa e l’altra sorseggiava il tè e si concedeva aneddoti brevi. Un episodio lieve. Un ricordo dolce. Un sorriso che scioglieva per un momento la gravità del tema. In quei passaggi era chiara la grazia di chi conosce la fatica e la trasforma in azione.

La domanda è arrivata da sé: dove trova la forza per continuare? Ha abbassato lo sguardo sulla tazza, poi lo ha rialzato e ha detto piano:

«Io sono uno strumento. Qualcuno, attraverso di me, opera. È tutto così facile».

La frase è rimasta sospesa, come una preghiera laica. Nessuna posa. Nessuna ricerca di effetto. Solo la certezza di chi ha scelto di essere mezzo e non fine.

Quando l’intervista è terminata, nessuno ha avuto fretta di alzarsi. Il tè si era raffreddato, la sala aveva ripreso il suo mormorio. Lui è rimasto seduto con le mani intrecciate, lo sguardo che non fissava un punto ma abbracciava la stanza.

Uscendo, ho avvertito un sentimento doppio. Gratitudine per l’incontro. Malinconia per la fragilità della speranza quando resta affidata a pochi. Eppure, in quel piccolo albergo di Mosca, tra le pareti color senape e il profumo di tè nero, la speranza aveva preso forma. Si chiamava Ennio Bordato. Finché quella forza continuerà a operare attraverso di lui, ci sarà sempre qualcuno che, nel silenzio, salva un bambino e con lui un pezzo di umanità.