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LETTERA AD UN BAMBINO RUSSO

 

Caro A.

 

chi ti scrive è un cittadino italiano, di quell’Italia calda ed assolata da sempre amata e visitata dai Tuoi compatrioti. Voglio scriverTi questa lettera in questi giorni di grande chiacchiericcio del quale, forse, sentirai il rumore da lontano. Un chiacchiericcio vacuo, un cupo rumore di fondo che da un anno assorda e stordisce quasi tutte le persone che vivono in Occidente.

 

Una lettera in cui parlare un po’ con Te, ed attraverso di Te, al popolo al quale appartieni.

 

Da nove lunghissimi anni migliaia di Tuoi coetanei in Donbass stanno vivendo sotto le bombe e da un anno anche i bambini come Te che vivono nell’Ucraina governata da Kiev soffrono per le condizioni drammatiche in cui si trovano. Economia distrutta, ambiente devastato, stato sociale annientato, mancanza di vita e di futuro.

 

Da un anno però, questa sofferenza è aumentata a causa delle armi che noi, i popoli dell’Occidente che si sono autoproclamati democratici, inviamo a Kiev come fossero giocattoli. Per aiutarTi, dicono.

 

La guerra iniziata nel 2014 per nostra responsabilità ha devastato tutto nel Vostro mondo. I rapporti famigliari, le amicizie, le opportunità di lavoro e di vita. Anche la religione è stata devastata da chi si proclama Vostro amico e nostro rappresentante.

 

Non si gioca più in Ucraina, non si è mai giocato dal 2014 in Donbass. Ed oggi anche chi vive nella Tua Russia  vicino alle zone degli eventi bellici non può dirsi al sicuro. Anche lì bambini vengono uccisi dai quotidiani bombardamenti con le armi “della pace” occidentali.

 

Un numero spaventoso di Tuoi coetanei sono morti a causa di tutto questo, ed ancor più sono stati feriti e alcuni sono rimasti per sempre drammaticamente mutilati.

 

Molti di noi hanno in questi anni cercato di aiutarvi raccontando la verità, inviando aiuti, rifiutandosi si soggiacere alla narrazione imposta – nuovo Verbo incarnato -, chiedendo a gran voce un cambiamento di politica che fermi le armi e inizi a discutere, a confrontarsi, a trovare soluzioni che garantiscano a tutti pace e sicurezza.

 

Ma chi chiede questo da noi è accusato di essere un nemico. Della guerra certamente, non della vita.

 

Caro A.,

 

anche da noi c’è una guerra. Una guerra diversa ma non meno devastante. Una guerra all’idea di Pace e di fratellanza, una guerra all’amicizia, alla convivenza, all’aiuto reciproco e disinteressato.

 

Quelli come me invece credono sempre di più in tutto questo. Rimaniamo fedeli a noi stessi rifiutando il veleno del conformismo che tanti drammi a provocato alla mia Italia nella prima metà del secolo scorso.

 

Crediamo si debba ricordare come, nel novecento, degli italiani siano già morti nel Tuo freddo, nella Tua steppa in nome di interessi stranieri. Decine di migliaia di giovani caduti inutilmente, come pure tante madri, mogli, figli che nell’angoscia non hanno più rivisto i loro cari. Che questa tragedia sia di monito all’Italia a non intraprendere nuove assurde avventure belliciste contro il Tuo Paese.

 

Anche per questo, non essendo disponibili  a cancellare o ancor peggio riscrivere la Storia, siamo convinti che si debba cambiare, in fretta, subito e radicalmente l’atteggiamento nei confronti del Tuo Paese.

 

La storia ci lega da secoli; gli architetti italiani hanno costruito il Cremlino e San Pietroburgo, gli aiuti reciproci che nei secoli i nostri popoli si sono prestati disinteressatamente – la Tenda Rossa di Nobile, i terremoti di Messina, dell’Aquila, le inondazioni di Venezia, la tragedia immane di Beslan, il Vostro aiuto fraterno all’Italia infestata dal virus – tutto questo deve rimanere vivo non solo nella memoria dei nostri due popoli, ma nella vita quotidiana, nelle scelte cui siamo chiamati a fare giorno dopo giorno.

 

Per tutto questo, caro A., anche se la nostra voce è resa quasi inascoltabile dagli schiamazzi inurbani dei Potenti guerrafondai, vogliamo continuare ad confermarTi la nostra amicizia, la nostra vicinanza, il nostro esserTi amico in questo mondo che oggi vive una della pagine più buie della sua storia.

 

Spetta a noi mantenere accesa la fiamma della Pace, del rispetto reciproco, del dialogo, della fraterna amicizia fra i nostri due popoli. 

 

Per dare a Te e a chi verrà dopo di noi un mondo migliore.

 

 

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